Il percorso turistico è lungo 1200 m. che si percorrono in circa un’ora ed è accessibile tutto l’anno.

La prima sala che si può osservare è la Sala del Guano che fino agli anni ’55-’60 era rifugio ideale per pipistrelli. Inoltrandoci già appaiono le prime stalattiti, le stalagmiti, i panneggi che grazie alla particolarità della roccia carbonatica combinata ad acqua piovana si sono sviluppate in enorme quantità in tutta la cavità. Appare la Sala del Castello con il suo gruppo di stalagmiti che ricorda appunto un antico castello medioevale posto in cima ad una collina. Poi il tragitto si dirama in due cavità: abbandoniamo il passaggio principale ma attraversando il sifone adiacente, vi rientriamo più avanti.

La “Sala del coccodrillo”, in alto la “tartaruga”, i “candelabri”, drappeggi…un nuovo bivio. La giuda narra una vicenda verificatasi nel 1889. Un’inghiottitoio. Eccone uno dei tanti che l’acqua ha scavato con i suoi vortici formando canali sottostanti. Qualche canale si proietta verso l’alto. Caratteristica principale delle Grotte di Castelcivita è lo spettacolo della miriade di colori che ha assunto la roccia, nel corso dei secoli, ad opera dei sedimenti di diversi minerali trasportati dall’acqua. Altre biforcazioni; un’altra sala ad un piano superiore che sicuramente vanta milioni di anni d’anzianità rispetto al corso sottostante: inoltrarsi e visitare tutti i passaggi richiede molto tempo; ancora in alto si denota la somiglianza di un re sul trono da cui il nome “Sala del Trono”.

Osservando le pareti e la geometria delle cavità si può intuire il tragitto e l’irruenza delle acque: nonostante il lungo tempo trascorso. E’ rimasta, ben evidente, la traccia di cascate, vortici, vasche…. Attraversiamo un altro sifone; qui c’è d’ammirare la formazione del limone, (Sala degli ortaggi), della cipolla, dell’aglio, la melanzana, la coca cola con la cannuccia. Possiamo avvicinarci e toccare con mano, osservare il risultato del lento ed incessante sviluppo delle concrezioni: un centimetro cubo di apporto di materiale ha richiesto un tempo che oscilla dai 50 ai 100 anni. Uno sguardo in un altro passaggio verso un piano . superiore, anch’esso sorprendentemente interessante ma proseguendo eccoci nella “Sala Bertarelli”. Qui un’altra diramazione che si ricongiungerà al camminamento, 70 metri più avanti. Eccoci al cospetto della “Pagoda”, la formazione più enunciata delle grotte.

Tutt’intorno altre formazioni che ricordano costruzioni orientali. Al fianco della “Pagoda” la “Madonnina col Bimbo in braccio”; allungando lo sguardo un enorme drappeggio scende dalla volta ed una colonna mostra i segni della sua metamorfosi: sovrapposizioni di veli sopra veli, fino al congiungimento della stalattite alla stalagmite; essa è alta 8 metri e sembra sorregga la volta. Sempre in alto la “pelle di leopardo” mentre a destra una stalagmite ha quasi raggiunto la sua stalattite ma ci vorranno un migliaio di anni perché il processo si completi. Alle nostre spalle “il presepe”: “la capanna” e intorno i personaggi che sembrano volerla raggiungere; tra essi ben delineato un “pastore” con mantello e capelli lunghi indica la strada, mentre “cane”, seduto, volge lo sguardo al “presepe”.

Ogni appendice è capace di trasmettere un immagine differente. Procedendo, ritroviamo il ramo incrociato 70 metri prima. Ma eccoci nella “Sala degli elefanti”; anch’essa prende il nome dalla forma di alcune congrezioni che ricordano l’animale con la proboscide. In questo punto la volta della grotta che è composta da strati di roccia e terreno, dista dalla superficie esterna circa 30 metri; inoltrandoci questo spessore aumenta; sul lago Terminale questo misura 350 metri. Il nostro continuo saliscendi si articola su un’altitudine costante a circa 100 metri sul livello del mare. Altre sorprese si prospettano ai nostri occhi di volta in volta che da un passaggio più stretto irrompiamo nello spazio fiabesco e multiforme delle cavità: “la Cattedrale o Duomo di Milano, Garibaldi a cavallo, il Dromedario, il Picchio che buca l’albero, i Trulli, il Monte Bianco”; ma ecco una sala tra le più curiose e fitta di congrezioni: “la Sala dei Salami” la cui volta è letteralmente cosparsa di stalattiti tondeggianti ed allungate proprio come i salumi appesi. Segue la “Sala del Deserto”. In questa cavità non vi sono stalagmiti in quanto il suolo di sabbia ha assorbito le gocce evitando l’accumulo di materiale. Conclude il tratto turistico la “Sala Boegan”; spicca al suo centro “la Spada di Damocle” ed attorno a noi altre colorate congrezioni quali “il becco d’aquila” e, bellissima, “la lingua di suocera”.